Una serata di forti emozioni, bella e struggente, quella di venerdì 14 aprile scorso, con circa 200 persone riunite nella sala conferenze della Fondazione Il Vallato, per partecipare alla presentazione del libro “Poeticamente”, edito postumo, dell’amata matelicese Giuseppina Moscatelli. A condurre l’incontro, davanti a tanti amici, parenti, a coloro che conoscono la famiglia del marito Euro Gatti, alle atlete della Thunder Basket, è stato Fabio Bonso del Ruvido Teatro, che ha scalettato l’evento in modo da renderlo molto animato e ricco di momenti toccanti, con letture, foto, filmati e testimonianze. Ad introdurre l’immagine di Giuseppina è stato l’ex dirigente scolastico dell’Ic “Mattei” Antonio Trecciola, «vecchio amico di infanzia di Pina, che era più grande di me di appena un anno». Trecciola ha ricordato la figura del padre di Giuseppina, «Amilcare, amico vero di mio padre per gli anni passati insieme, accomunati dalle sofferenze della vita, del lavoro, e seppur con differenze persino nel credo politico, sempre amici e pieni di reciproca stima tra di loro». Trecciola ha definito il libro “Poeticamente” «l’antologia di una vita, il ricordo di luoghi e di persone, ormai lontani nel tempo, di una persona straordinaria come Pina con la quale divennero poi sempre più fugaci e rari gli incontri per strada, ognuno preso dalle cose proprie di lavoro, ma mantenendo sempre una grande stima reciproca. Ci ritrovammo infine all’Università degli Adulti, dove io facevo da insegnante e lei era una molto brava e capace attrice. Il libro è un diario, che attira e coinvolge nei suoi semplici versi e al di là della forma espressiva, le parole di Pina parlano al cuore». Importante anche l’intervento scritto di Fiorella Conti, carissima amica di Giuseppina, che ha dichiarato di «aver voluto scrivere questa breve lettera per la paura di perdere le emozioni, i luoghi e le persone, che Giuseppina ha saputo ritrarre e focalizzare, e che mi hanno permesso di essere quella che sono. A Giuseppina sono legata da affetto profondo e questo libro ha suscitato in me profonde emozioni con foto in bianco-nero che accompagnano la parte in prosa, prima di passare a quella in versi, ricca di immagini della sua amata famiglia. Affiora in me lo stupore per non aver scoperto prima quello che lei per prima racconta e ci fa riscoprire piena di momenti belli. Non c’è età che non venga ricordata. Ogni aspetto diventa prezioso per una vitalità sempre nuova e profonda».
A seguire sono stati letti alcuni brani dai suoi familiari, a cominciare dai nipoti: i più grandi Elena e Michele, poi il più piccolo Ettore; poi ancora amici che con lei divisero il palcoscenico del Teatro “Piermarini”. Nella sua biografia Giuseppina Moscatelli ha tenuto a ricordare l’aver trascorso «una vita (36 anni) al front-office dell’ospedale di Matelica, soddisfatta ed innamorata del mio lavoro, poi non potendo fare la pensionata ad oltranza, ho iniziato una collaborazione con il patronato Inca-Cgil di Matelica, ho insegnato catechismo in parrocchia, ho frequentato, insieme a mia figlia Annalisa, un centro per disabili, l’Argillario, dove un mastro ceramista super bravo, due educatrici gentili ed amorose, un gruppo di ragazzi diversamente abili, trascorrono le loro mattinate, colorando, conversando, facendo lavori di decoupage, ma soprattutto “bagni di serenità”». La sua memoria più coinvolgente per tutti, scevra dai gravami terreni di ognuno, è stata certamente quella della sua infanzia della «picciulara de lu Torriò» (zona di Matelica, prospiciente piazzale Gerani). «Questo termine – spiega Giuseppina – serviva per distinguere i bambini sotto i quattro anni da quelli più grandicelli, quindi è logico che sia stata “una picciulara” anch’io, ma del tipo un po’ speciale, di quelle cioè, che guardano al mondo con gli occhi sgranati, che non si perdono una battuta di ciò che succede, che assorbono ogni bella o brutta sensazione, che fanno proprie le esperienze altrui, che vivono, con sempre accanto uno spiritello buffo, che le fa stare allegre e che riesce a far vedere bello anche ciò che bello non è proprio. È a quella picciulara di allora, che devo il mio ringraziamento, perché è con gli occhi di allora che riesco a vedere le persone, gli avvenimenti, le cose e i luoghi della mia città ed è per questo motivo che, per me, ora quei ricordi sono tante piccole favole». L’eccezionale messaggio del volume, ricco di spunti, è stato una dimostrazione di come l’amore possa superare spazio e tempo, sopravvivendo alla «morte corporale». Il libro a fine serata è stato quindi venduto ad offerta libera, il cui ricavato andrà ad opere di beneficenza.