Un’interessante presentazione si è tenuta nel pomeriggio di sabato 20 luglio presso la sala conferenze della Fondazione “Il Vallato”. Si è trattato del libro “Enrico Mattei, un partigiano nella Resistenza marchigiana” (Nisroch Editore) dello storico locale Federico Uncini, un’approfondita ricerca sul periodo in cui Mattei visse da partigiano a Matelica. Alla presentazione, promossa in collaborazione con l’odv Roti, hanno preso parte, oltre all’autore, l’editore Mauro Garbuglia e il sindaco Denis Cingolani.

Un appuntamento culturale molto interessante è stata la presentazione, sabato 20 luglio scorso, presso la sala conferenze della Fondazione Il Vallato del libro “Enrico Mattei. Un partigiano nella Resistenza marchigiana”, scritto dallo storico locale Federico Uncini ed edito da Nisroch, per la quale ha partecipato l’editore Mauro Garbuglia. All’incontro, promosso da parte dell’O.d.V. Roti, per la quale era presente la presidente Maria Cristina Mosciatti, è intervenuto anche il sindaco Denis Cingolani, che ha definito l’appuntamento «veramente interessante, perché Federico Uncini ci ha raccontato una parte quasi “inedita” della vita di Enrico Mattei, quando tra il luglio e novembre del 1944 si unì ai gruppi partigiani: Roti e Mario nel nostro territorio prima di tornare in Lombardia, quando, poi, terminata la guerra divenne il grande Mattei che conosciamo oggi».
L’autore da parte sua ha spiegato di aver scritto il libro «per fare maggiore chiarezza sul periodo della Resistenza a Matelica del primo Enrico Mattei partigiano, poco conosciuto al grande pubblico. Partendo dai primi fatti, ossia come organizzare la Resistenza per i ristretti gruppi di Roti, Eremita e San Fortunato. Dalle difficoltà poi a farsi accettare per le sue posizioni politiche del periodo del regime precedente all’8 settembre, quindi all’uso anche di casa sua per nascondere le armi che servivano, fino alla scarsa dimestichezza militare personale, se non fosse stato per le carabine che usava per la caccia, con slavi e partigiani comunisti che lo osteggiavano anche per questo». Uncini ha anche ricordato che «la sua rete era fatta soprattutto da personaggi del clero come don Mellito Papi, priore silvestrino, don Enrico Pocognoni o don Luigi Preti, che accudiva sua madre. Le riunioni si tenevano spesso nella canonica di Braccano, ma non disegnavano altri luoghi, come l’abbazia di Roti, che speriamo si riesca a salvare come monumento importante. Celebri infine i suoi travestimenti anche da donna per sfuggire ai repubblichini fascisti. Tanti pure i suoi nomi di battaglia (Marconi, Este, Monti, Leone)». Nel libro si parla tra l’altro della fuga di Mattei verso Gaglianvecchio nel territorio di San Severino Marche, dopo il 18 settembre 1943, presso la casa Lacque. Di come ad Acqua dell’Olmo facessero le riunioni militari e politiche e là vi si recasse anche il celebre medico fabrianese Engles Profili a curare i partigiani. Altro luogo dove pare si sia recato è una casa colonica in località Roffiano e là Mattei sarebbe stato curato da Mosè Di Segni a Roffiano. Fulgo Teofani avrebbe cucinato e fatto da cavia in cucina. Da Roffiano spesso si sarebbe rifugiato in località Romita. Infine Livio Piccioni ricorda in uno scritto che Enrico Mattei era sul San Vicino ed era «comandante», una notizia poco chiara, da approfondire. Tra le tante da trovare nel libro la definitiva fuga verso nord, dove al seguito della Dc avrebbe organizzato 30.000 partigiani, raccolti con i «fazzoletti verdi», per distinguerli dai fazzoletti rossi che indicavano i partigiani di sinistra socialisti e comunisti. Un Mattei sempre attuale e affascinante, che aiuta a capire meglio il nostro presente.